Il Gusto

2022-08-13 08:52:47 By : Ms. Ling Hong

Nato nel 2018, oggi il gruppo dei Pau - Panificatori Agricoli Urbani - riunisce decine di giovani fornai, panificatori, agricoltori, innovatori, cittadini artigiani che riportano al centro del lavoro la materia prima e la filiera dalla quale ha origine, migliorando le dinamiche produttive in tutto il sistema: dalla giusta retribuzione per contadini e mugnai all’impegno per un’agricoltura rigenerativa e sostenibile, in un contesto di vero networking e supporto reciproco. Nella recente lavorazione del volume “I Pani d’Italia”, edito da Le Guide de L’Espresso e Il Gusto, li abbiamo conosciuti tutti e ora ve li raccontiamo.

Come tanti panificatori, ogni giorno nei loro laboratori impastano e ricreano quella magia che trasforma una miscela di acqua, lievito e farina in pane ma il loro approccio è contemporaneo e si discosta nettamente dal modello di panificio che le città hanno conosciuto dal secondo dopoguerra ad oggi. «Io sono panificatore di terza generazione –spiega Davide Longoni, cofondatore del movimento dei Panificatori Agricoli Urbani – e vent’anni fa ho preso delle scelte che erano in antitesi con quelle portate avanti dai miei genitori e da mio nonno, scelte di rottura, allora poco capite e viste come un inutile ritorno al passato ma che oggi sono straordinariamente moderne e necessarie».

La panificazione dei Panificatori Agricoli Urbani è guidata dalla consapevolezza che non si possono più utilizzare farine che danno risultati organolettici standard e che provengono da mercati di cui non si conosce la storia. Il pane ancora prima che con la farina si fa con il grano, e scegliere con che grano panificare determina variazioni importanti sulla qualità finale del pane per gusto, profumo e proprietà nutrizionali.

«Non solo, – continua Davide – il grano è un prodotto agricolo che viene coltivato con metodi che possono essere più o meno impattanti sul territorio, ogni impasto che facciamo esprime il nostro legame con la terra. La scelta di quale grano compriamo ed utilizziamo incide in maniera significativa anche sulla sostenibilità ambientale e su valori come la dignità del lavoro e l’aggregazione sociale. Quando ho iniziato a riallacciare i fili con i territori e le filiere ho conosciuto agricoltori e mugnai che mi hanno fatto capire che il prezzo che il mercato pagava per i loro prodotti era per loro offensivo, che non ci coprivano neanche le spese. Lì ho capito che era necessario scardinare il sistema di approvvigionamento».

Riscoprire il rapporto tra territorio e produzione di cibo è una delle chiavi di lettura del futuro per i Panificatori Agricoli Urbani che in prima persona controllano l’intera filiera del grano. Con un impegno e una fatica maggiore rispetto a quella che richiederebbe rifornirsi da un unico distributore, ricercano i coltivatori dei cereali e i mugnai e vanno a visitare le aziende; instaurano con loro un dialogo e spesso si incontrano nei campi per comprendere insieme quali varietà seminare e come coltivarle. «Tagliare gli intermediari permette di stabilire insieme un prezzo di vendita equo che riconosce il margine di profitto giusto all’imprenditore agricolo e gli garantisce la tranquillità di sapere quale e quanto cereale produrre senza dipendere dalle oscillazioni e dai ribassi dati dal mercato» racconta Matteo Calzolari di Forno Calzolari. «In più persone ci uniamo a instaurare accordi di filiera e a discutere del prezzo, più riusciamo a determinare cambiamenti positivi sui processi di produzione».

«Altra netta inversione di marcia dei Pau rispetto alla panificazione classica –sottolinea Matteo Piffer di Panificio Moderno e cofondatore dei Panificatori agricoli urbani– è che non rispondiamo alla logica del mercato che, per avere un prodotto finito standardizzato necessita di materie prime che assicurino costanza e determinate caratteristiche tecniche. Pensiamo di dover essere noi ad adattarci ai raccolti che ci dona la terra, invece di sforzarla a produrre quello che noi vogliamo. Lavoriamo con cereali che secondo natura ogni anno danno vita a farine agricole con caratteristiche differenti, di cui spesso non conosciamo né la forza né come si comporteranno in macchina. Siamo artigiani del pane e attraverso la sperimentazione, lo scambio di tecniche con colleghi e la cooperazione con coltivatori e mugnai spesso riusciamo a interpretare le farine e a trovare le soluzioni».

Ogni panificatore agricolo urbano nel tempo si è costruito una propria filiera, ma il filo conduttore che le accomuna è prendersi cura della fertilità del suolo e della biodiversità attraverso il rispetto di pratiche agricole non invasive come quelle biologiche e biodinamiche e attraverso il recupero e la semina di vecchie varietà di cereali che seguono poi una macinazione rispettosa di tutte le proprietà nutritive.

«I panificatori che aderiscono alla rete dei Pau sono convinti che il loro mestiere possa rappresentare un’opportunità preziosa, un’occasione per intervenire in modo diretto e quotidiano sulla società, e consapevoli di questa responsabilità condivisa, nel 2020 hanno firmato il Manifesto dei Panificatori agricoli urbani – spiega Luca Martinelli, giornalista che ha facilitato la stesura del Manifesto– 10 articoli frutto di una riflessione e discussione collettiva che stabiliscono i valori e gli obbiettivi del “pane agricolo”».

In alcuni casi non si limitano a conoscere di persona tutti gli anelli della filiera ma ne diventano direttamente produttori o co-produttori: come nel caso di Davide Longoni che oltre a coltivare segale a Chiaravalle nella zona sud di Milano, assieme all’amico Pasquale Polito di Forno Brisa coltiva a Nocciano in Abruzzo, grani teneri, grani duri, miscuglio evolutivo e farro monococco.

O ancora Matteo Calzolari che insieme ad altri mugnai e agricoltori di Monghidoro, in provincia di Bologna ha fondato la Comunità Slow Food del Grano dell’Alto Appennino tra Bologna e Firenze: «Certamente è importante il valore economico riconosciuto alle famiglie che lavorano nella comunità –racconta Matteo– ma quello che più ci interessa e che ci lega è l’aspetto sociale: rimanere uniti nel territorio e portare del bene a questo territorio. Da qualche anno una sera al mese organizziamo una veglia e ci riuniamo in casa delle persone per discutere di come stanno andando i raccolti, di quale varietà seminare l’anno successivo, di quale rotazione preferire e di quale tecnica di aratura o fertilizzazione sia meglio utilizzare per rispettare meglio il terreno. Può sembrare una formula vecchia ma per un noi è stato un cambio di passo decisivo per incanalare le nostre energie e potenziarle in risultati pratici». «Vogliamo condividere e far vedere il nostro lavoro a più persone possibili –continua Matteo– e così in estate, con l’evento Mangirò e con l’evento Forni e Fornai apriamo le porte a panettieri di tutta l’Italia, a personalità della comunità scientifica e ad appassionati per fare cultura sull’arte bianca ed accrescere tutti insieme».

Per i Pau è poi fondamentale instaurare una relazione trasparente anche con i clienti: «Nel momento che il pane ha una sua storia –spiega Matteo Piffer– raccontarla a chi entra nelle nostre botteghe diventa un’opportunità di sensibilizzare le persone su quello che facciamo e sul perché lo facciamo. Noi a Panificio Moderno abbiamo scelto come strumento di comunicazione la Settimana del Pane, una cartolina che attraverso delle immagini rende partecipe e consapevole il cliente sui fornitori della filiera del nostro “pane agricolo” e sulle percentuali di composizione di farine che utilizziamo in ogni pane. Inoltre un calendario spiega i giorni in cui si possono trovare le diverse tipologie di pane, perché programmando la produzione della nostra offerta a giorni alterni o settimanalmente evitiamo così inutili fenomeni di spreco».

A Bologna invece, i ragazzi di Forno Brisa per aiutare il consumatore a comprendere quanto anche lui possa essere compartecipe dell’impegno verso un’agricoltura sostenibile hanno lanciato il claim “Save the zolla”: partendo dai dati di produttività per ettaro dei loro campi,a Nocciano, hanno calcolato che ogni pagnotta di 2 Kg prodotta è ottenuta con l’equivalente di grano prodotto in 9 metri quadrati di terra coltivata con pratiche sostenibili.

Uno dei valori base del Manifesto dei Panificatori Agricoli Urbani è la capacità di cooperare: «Chiamiamo il nostro gruppo un network –racconta Davide Longoni–perchè crediamo che fare rete, scambiando  conoscenze e aiutandoci, sia un potente strumento che amplifica questo sistema e velocizza i cambiamenti. Non ci vediamo come dei concorrenti ma come degli amici  che si danno sostegno e che più si uniscono e più possono crescere. Non abbiamo segreti ma mettiamo a disposizione l’uno dell’altro qualsiasi informazione: i fornitori e i prezzi delle materie prime che acquistiamo, le ricette e le tecniche che utilizziamo, i gestionali di cassa e le strategie di vendita. Facciamo incontri da cui nascono nuovi progetti condivisi e apriamo le porte dei laboratori ai nostri colleghi per accrescere la conoscenza e la tecnica di ognuno. Io personalmente negli anni ho formato molti fornai, tre dei quali ora hanno aperto panifici di successo nella mia stessa città, a Milano, e penso che pìù si diffonda sul mercato un pane ricco di valori più il mercato lo richieda aprendo ulteriore spazio per altri potenziali fornai. Sono convinto questa sia la strada vincente».

I Pani d’Italia è il quinto volume della collana de Le Guide Gastronomiche de L’Espresso e Il Gusto, disponibile a partire dal 4 dicembre nelle principali edicole e librerie nazionali e online ilmioabbonamento.gedi.it, Amazon, Hoepli e Ibs.