Uno dei punti di forza del ‘Made in Italy’ è il settore dei prodotti in ceramica, caratterizzato da un mix di tradizione e innovazione. In questo articolo vi mostreremo le qualità derivanti dai prodotti ceramici e il processo di produzione con cui è possibile dare forma a un’ampia gamma di prodotti finiti.
Quelle che noi indichiamo con il nome di “ceramiche“, sono solo una parte, seppur importante, del vasto e variegato mondo dei prodotti ceramici, naturali e artificiali. Scientificamente, essi sono definiti come materiali inorganici che risultano dalla combinazione di un certo numero di elementi metallici con elementi non metallici, fra cui il più ricorrente è l’ossigeno, e con un’estensione del riferimento originario agli ossidi (Silice SiO2 e Allumina A1203) ad altre ulteriori combinazioni, quali il carburo di tungsteno o il nitruro di silicio.
Fra i materiali più antichi utilizzati dall’uomo (il loro nome deriva dal greco keramos, che significa “argilla”, “materia cotta”, dal loro primo ed essenziale costituente), le ceramiche hanno quali loro principali caratteristiche la natura refrattaria (resistenza ad altissime temperature), la durezza, la grande inerzia chimica e, in generale (ma ci sono significative eccezioni) la loro bassissima conducibilità termica ed elettrica.-
La loro microstruttura, estremamente complessa, si compone di una fase microcristallina, costituita da specie minerali ben definite, come la silice, l’allumina, la magnesia, e da una fase vetrosa di composizione e porosità variabile (dal 10% al 20%, di tipo aperta o chiusa) a seconda delle tecnologie di produzione.
La produzione prevede cinque fasi di lavorazione, di cui le prime due comuni a tutte le tipologie di piastrelle.
Per le successive tre fasi (sinterizzazione – cioè compattazione delle polveri per cottura -, rivestimento e decorazione, stabilizzazione dei rivestimenti e dei decori), invece, la loro diversa caratterizzazione è funzione delle singole famiglie di prodotti. In generale, comunque, si può affermare che è la cottura la fase più importante dell’intero ciclo produttivo, poiché è da essa e dalla sua corretta esecuzione che dipendono le effettive qualità del prodotto finito. Una cottura eccessiva o un troppo rapido raffreddamento possono, infatti, comportare significativi danneggiamenti ai materiali, innescando tensioni interne che si traducono in crepe e fessurazioni gravemente pregiudizievoli delle prerogative estetiche e di resistenza dei manufatti.
Formati differenti di piastrelle in ceramica
La cottura delle piastrelle in ceramica può avvenire per monocottura o bicottura. Quest’ultima prevede un doppio passaggio delle piastrelle nel forno, il primo per cuocere il supporto, il cosiddetto biscotto, con cariche estremamente compatte posizionate sui carrelli da introdurre nei forni, il secondo essenzialmente per fissare lo strato superficiale di smalto (anche se, inevitabilmente, si viene a determinare una parziale ricottura del biscotto – da cui il suo nome), con caricamento indipendente dei pezzi per evitare qualsiasi tipo di problema alle superfici in tal modo trattate. La monocottura, al contrario, realizza la contemporanea cottura del supporto e dello smalto, rapidamente e ad alte temperature, conferendo ai prodotti così ottenuti numerose qualità positive – resistenza al gelo, ai forti carichi di rottura, all’abrasione -, in aggiunta all’accresciuta coesione tra supporto e smalto e agli spessori sottili realizzabili, che li rendono particolarmente adatti all’impiego in esterni.
Per quanto attiene la smaltatura, la faccia in vista delle piastrelle ceramiche viene sovente rivestita con uno strato vetroso in spessore sottile chiamato “vetrina”, se trasparente, o “smalto”, se opaco, oppure con uno strato di pasta bianca, a sua volta ricoperto di vernice lucida, detto “ingobbio”.-
La funzione di questo trattamento superficiale è quella di rendere il materiale impermeabile e di consentirne la colorazione, due caratteristiche che da sempre fanno della piastrella in ceramica l’ideale rivestimento di bagni e cucine, e uno degli strumenti preferiti dagli architetti per creare giochi di colore e cromatismi inediti sui prospetti degli edifici da loro realizzati (si pensi alle tante fantastiche invenzioni di Gaudì).
A seconda delle materie prime utilizzate e delle lavorazioni subite, i materiali ceramici si dividono in prodotti a pasta porosa e prodotti a pasta compatta. Quelli a pasta porosa sono cotto, maiolica, terraglia e cottoforte , e quelli a pasta compatta sono monocottura rossa, monocottura chiara, gres rosso, gres porcellanato, clinker o klinker. La differenza consiste nella minore o maggiore presenza della fase vetrosa che si viene a generare alle alte temperature (1100 – 1300 ‘C) e che conferisce compattezza e resistenza ai prodotti (detti, in questo caso, anche greificati). I prodotti a pasta porosa hanno segnato la storia dei rivestimenti in ceramica in Italia, basti pensare alle meravigliose pavimentazioni in cotto delle corti rinascimentali, o alle tante aree di produzione artigianale di piastrelle smaltate e decorate quale quella del Faentino; quelli a pasta compatta sono invece il risultato dello sviluppo recente delle tecniche di lavorazione, con una costante ricerca di prodotti prestazionalmente innovativi e caratterizzati da un’alta versatilità d’impiego (interno/esterno, rivestimenti a pavimento/rivestimenti a parete, …)
Il cotto, commercializzato anche come cotto rustico, cotto toscano, cotto fiorentino, cotto veneto, ecc., è il risultato della cottura a 1100 ‘C circa di un impasto di argille selezionate. Esso dà luogo a un prodotto dalla massa porosa e compatta (in cui la parte vetrosa è presente in minima parte e svolge soltanto funzione di cementante) dalla caratteristica colorazione nelle sfumature del rosso. Estruso con tecnologie di tipo industriale o fatto a mano, il cotto è il più classico dei materiali da rivestimento, oltre ad essere tuttora uno dei più versatili grazie a tutta una serie di pezzi speciali (gradini, angolari, corrimano, coprimuro, battiscopa, coprirlo, … ) che integrano la produzione corrente. La naturale porosità del materiale è oggi superata grazie a tecniche di pretrattamento, che ne consentono un impiego senza problemi in ogni ambiente. I formati più diffusi per le normali piastrelle da pavimento sono 25×25, 30×30, 20×40 e 40×60 cm, ma sono disponibili anche formati più piccoli.
Le majoliche, prodotto tipico della tradizione ceramica italiana, sono affini alle Faenze, da cui le differenzia la finitura superficiale che è in smalto opaco. Esse sono adatte per rivestimenti in interni e sono ottenute per pressatura di un impasto argillo-sabbioso in cui sono presenti una relativamente abbondante frazione carbonatica e ossidi di ferro. Il ciclo produttivo affianca oggi alla antica tecnica della bicottura una più aggiornata “bicottura rapida” – realizzata in appositi impianti – che ha concorso notevolmente a rilanciare l’immagine di questo prodotto, negli ultimi anni un po’ appannata a favore delle monocotture. Per quanto attiene i formati, le dimensioni più diffuse sono 15×15, 15×20 e 20×20 cm.
Pasta bianca delle piastrelle di terraglia
Le terraglie sono più pregiate delle majoliche e sono prodotti a pasta bianca. A seconda della loro esatta composizione si dividono in forti o dolci, e sono verniciate e decorate anche con la sola vetrina trasparente. Oltre che nella produzione di piastrelle (generalmente di formato 15×15 cm), sono impiegate altresì per la realizzazione di lavabi, vasche da bagno e sanitari in genere.
Utilizzato per pavimenti d’interni il cottoforte è un materiale sempre finito superficialmente con smalto opaco. Esso è decorabile e di buone caratteristiche meccaniche, può essere considerato un prodotto intermedio fra la maiolica e il grès rosso. I formati delle piastrelle in cottoforte sono generalmente leggermente più grandi di quelli delle majoliche, con una predilezione per il 20×20 e 20×30 cm.
Come dice la sua stessa denominazione, la monocottura rossa è il prodotto di un processo di cottura unitario di argille ricche di ossidi di ferro, in cui, ad alte temperature, si realizza la cottura congiunta del supporto e dello smalto. Questa particolare tecnologia di produzione consente di impiegare impasti multicomponenti in funzione delle varie esigenze, ottenendo così un’ampia e diversificata gamma di prodotti di elevate prestazioni che va da quelli greificati Per esterni (realizzati a partire da fondenti a base feldspatica), a basso assorbimento d’acqua, a quelli più porosi (prodotti con argille contenenti anche carbonati), per interni. Unico limite, rispetto alla bicottura, quella di un più limitato campo di colori e di decori di finitura.
La monocottura chiara, a differenza di quella rossa, è ottenuta da un impasto di argille prive di ossidi di ferro, provenienti per lo più dall’area francese e tedesca, che conferiscono il caratteristico colore, tra il grigio e il beige, al supporto. Prevalentemente la monocottura chiara è utilizzata per la produzione di piastrelle per pavimento, ma, nei grandi formati, sta conoscendo anche significative applicazioni quale materiale da rivestimento per esterni; tipico, al proposito, il caso delle facciate ventilate in materiale ceramico. Attualmente la ricerca e l’innovazione tecnologica, per questo specifico prodotto, si sono concentrate sulla fase della smaltatura con l’introduzione di due rivoluzionari procedimenti: la “pressosmaltatura”, ovvero l’applicazione dello smalto sotto forma di polvere al momento della pressatura, e la “smaltatura su supporto incandescente”, realizzata facendo piovere sul supporto riscaldato ad alta temperatura uno speciale smalto in granuli.
Gres porcellanato, molto usato nelle nostre case
Nel panorama delle piastrelle in ceramica, il grès si presenta come uno dei materiali dalle migliori caratteristiche prestazionali. Adatto per pavimenti e rivestimenti, sia in interni sia in esterni, è impermeabile, compatto, duro, opaco, dotato di alta inerzia chimica, antigelivo, resistente alla rottura, all’abrasione, alla compressione (sino a 200-300 N/mM2).
Si può ottenere dalla cottura di un impasto composto da un solo tipo di argilla naturale vetrificabile e, in questo caso, il colore dipende dal materiale impiegato (solitamente nelle varie tonalità del rosso, da cui il nome di grès rosso). 1 formati tradizionali sono 7.5×15 (le tipiche piastrelle da balcone) o 10×20 cm. In commercio sono presenti, con il nome di grès, o grès rosso, piastrelle in realtà non greificate e quindi prive delle caratteristiche ora ricordate. In proposito, un criterio di verifica sufficientemente attendibile è quello del grado di assorbimento d’acqua da parte delle piastrelle, che per il grès deve risultare inferiore al 3/4%. Da impasti di argille naturali greificanti, opportunamente corrette con fondenti e smagranti (argille artificiali), si ottiene il grès fine porcellanato, un materiale quasi completamente vetrificato e perciò con alte caratteristiche meccaniche e del tutto inassorbente (la definizione ufficiale del Centro Ceramico di Bologna parla di un assorbimento d’acqua inferiore allo 0.5%). Utilizzato ancor più della monocottura chiara, quale rivestimento dei prospetti degli edifici nelle soluzioni a facciata ventilata, il grès porcellanato è disponibile in un’ampia e articolata gamma di formati e di pezzi speciali, che ne fanno uno dei prodotti più ricercati oggi sul mercato.
Diffusissimo come materiale da rivestimento per paramenti esterni negli anni ’70, il klinker continua a rappresentare una delle opzioni preferite dalla committenza. Esso viene scelto quale prodotto di finitura delle facciate dalla manutenzione pressoché nulla , oltre che per il “tono” che conferisce ai manufatti con esso risolti. La gamma produttiva di questo materiale è estremamente ampia, sì da renderne difficile un’univoca definizione. Molto dipende,’ infatti, dal dosaggio dei singoli componenti. In generale, tuttavia, si può dire che il klinker è il prodotto della cottura, ad alta temperatura (1250 ‘C) di un impasto di materie prime colorate naturalmente o artificialmente (mediante ossidi coloranti), addittivate con chamotte (argilla cotta) e fondenti energetici. L’alta temperatura di cottura innesca un processo di vetrificazione della piastrella che ne determina la struttura compatta e le peculiari caratteristiche di resistenza meccanica ed inerzia chimica, molto vicine a quelle del grès. Il processo produttivo prevede solitamente una fase di formatura per estrusione, ma non mancano in commercio elementi ottenuti per pressatura. Si possono poi avere piastrelle non smaltate, smaltate in monocottura o vetrinate.
Infobuild e' testata registrata al Tribunale di Milano n. 63 dell' 8/3/2013 - ISSN 2282-2267