Alberto Genovese in aula per gli abusi e violenze a giovani donne | Oggi

2022-07-23 05:22:44 By : Mr. Andy Qiu

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Il genio della new economy aveva creato una rete per attrarre attorno a sé ragazze giovanissime, riempirle di droga e violentarle. Ora si presenta al giudice. Ma come lui ce ne sono altri

Attenti al lupo Alberto Genovese. Sarebbe bello se a gridarlo fosse la ragazzina che la sera del 10 ottobre 2020, diciottenne, salì con un’amica in un attico del centro di Milano. Pensava d’andare a una festa esclusiva e trasgressiva, in un ambiente da rivista di design, battezzato Terrazza Sentimento, con poca gente, selezionata, ospite di un anfitrione ricco e generoso che avrebbe offerto da bere e sballare. La ragazza non poteva immaginare di essere entrata in un tritacarne. Il padrone di casa, Alberto Genovese, ragazzo prodigio della new economy (fondò il sito facile.it), aspettava solo lei. La lasciò bere e sballare e la convinse poi a seguirlo in camera da letto. Le diede altra droga e da lì in poi si accanì su di lei e sul suo corpo inerme per 20 ore, fermandosi solo per stordirla e anestetizzarla con altri stupefacenti – foto |  video

ECCO IL LUPO! – La ragazza ha dovuto mettere una croce sulla carriera di modella appena iniziata e s’è vista riconoscere il 40% di invalidità, a causa delle violenze subite. Sarebbe la persona più adatta per lanciare l’allarme, per spiegare a tante Cappuccetto Rosso che il lupo esiste, va riconosciuto ed evitato. Preferisce non farlo, perché è iniziato il processo a Genovese (a porte chiuse, con rito abbreviato e sconto di un terzo sulla pena), dove lei è parte civile e dove il suo avvocato Luigi Liguori presenterà una richiesta di risarcimento da un milione e mezzo di euro. Peccato non parli. Peccato il processo sia a porte chiuse. Seguirlo avrebbe fatto capire a tante adolescenti che la loro giovinezza e la loro bellezza nel linguaggio dei lupi rappresentano soltanto carne fresca. E per averla c’è chi è disposto a tutto.

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NON SOLO GENOVESE – Come Genovese. O come Jeffrey Epstein. Tra Florida, NewYork e un’isola privata ai Caraibi, il miliardario americano movimentava per sé e i suoi amici (tra cui il figlio della regina Elisabetta, Andrea) decine di minorenni, e da businessman faceva funzionare il giochino pagando. Harvey Weinstein, produttore cinematografico, non aveva bisogno di pagare, aveva in mano le carriere di centinaia di attrici e le ricattava. Chi non ha soldi o potere cerca le prede su internet. Le blandisce con promesse di ricchezza e successo e, prima di essere riconosciuto per il lupo che è, prende la scorciatoia dello stordimento. L’alcol è sempre il più utilizzato, ma chi vuole il risultato garantito si rivolge alla chimica.

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LA CHIMICA AIUTA – Le chiamano droghe dello stupro. La scelta è ampia: GHB, MDMA, ketamina, benzodiazepine, o farmaci tipo Rohypnol. Sostanze insapori e inodori, facilmente solubili, che arrivano subito al cervello e lo mettono in “off”. La cronaca milanese ci consegna il caso dell’agente immobiliare Omar Confalonieri. Nel 2009 aveva abusato di una collega diciottenne dopo averla addormentata con un farmaco. A ottobre 2021 s’è ripetuto con una cliente, resa incosciente e violentata per ore davanti alla figlia di un anno. Ad aprile, sempre a Milano, è stato condannato a 15 anni e 6 mesi Antonio Di Fazio, dirigente d’azienda farmaceutica, accusato tra le altre cose di aver violentato tre ragazze dopo averle narcotizzate. «Il fenomeno viene definito drug facilitated sexual assault, aggressione sessuale  facilitata dalla droga», dice Giussy Barbara, psicoterapeuta al Soccorso violenza sessuale e domestica della clinica Mangiagalli di Milano. «Vediamo tra i 40 e i 70 casi l’anno. Per lo più ragazze con un vuoto memoria e la sensazione che possa essere successo qualcosa». «Talvolta hanno la precisa sensazione d’aver subito un abuso», prosegue la collega Laila Micci, «ma quando non hanno elementi per ricostruire chi è stato e che cosa è successo, il più delle volte non fanno denuncia. Subire una violenza e averne il ricordo è un trauma. Ma anche portarsi dentro un vuoto, sapendo che in quel vuoto potrebbe essere successo di tutto, può generare stati d’angoscia tremenda».

DAL PARADISO ALL’INFERNO – E Genovese? Come starà il protagonista (negativo) di Terrazza Sentimento? All’epoca dei fatti molti pensarono avesse dei problemi. Adesso che s’è aperto il processo lo ammette anche lui. Il 27 giugno, sarà davanti al giudice e se proprio non lo dirà, lo farà dire ai suoi difensori. A quasi due anni dai fatti, dopo mesi agli arresti domiciliari in un centro di riabilitazione di Varese, un uomo abituato a esser celebrato per il suo genio è pronto a farsi confinare nell’abisso delle sue ossessioni e dei suoi vizi. La sua capacità di intendere e volere, scrivono Pietro Petrini, psichiatra, e Giuseppe Sartori, psicologo, «al momento dei fatti era quantomeno grandemente scemata» a causa della droga. L’uso e l’abuso di stupefacenti per annullare la volontà e la resistenza delle vittime in questo modo verrebbe rovesciato dalla difesa da circostanza aggravante in chiave giustificativa, come una spiegazione ai comportamenti dell’imputato. È l’ultima trincea da cui tentare una difesa e ridimensionare una pena che, anche scontata di un terzo, potrebbe costare a Genovese una condanna a 10 anni o più di carcere. Resta il punto, inevaso, di quanto dureranno le pene delle ragazze rovinate dalla trappola di una terrazza che si chiamava sentimento.

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