Famiglia specializzata in fatture false: mille pratiche per oltre 500 milioni- Corriere.it

2022-09-10 06:39:29 By : Mr. Mark Ma

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Indagini della Guardia di Finanza e dei carabinieri su Giuliano Rossini e Marta Fornari, titolari della Eco Trav di Travagliato: con l’aiuto del figlio 22enne erano specializzati nella produzione di fatture false. Sono 73 gli indagati 8

Operavano da un ufficio occulto a Gussago. Marito e moglie, con l’aiuto del figlio, ventiduenne, e della sorella di lei, tenevano le fila di un’articolata organizzazione dedita alla produzione di false fatture. Un migliaio abbondante di documenti fasulli per un valore di oltre 500 milioni di euro, emessi dal 2018 ad oggi nell’ambito di attività di commercio dei materiali ferrosi, ma soprattutto attraverso la creazione di una rete di aziende cartiere, con interessi in Italia e all’estero. Guardia di Finanza e Carabinieri sono stati impegnati per mesi per riuscire a delineare l’impianto dell’organizzazione, già finita all’attenzione degli inquirenti per questioni di droga e smaltimento illecito dei rifiuti.

Un lavoro che ha messo a bilancio 114 persone coinvolte, di cui 73 indagati — una cinquantina residenti nel bresciano. Per 14 sono stati disposti gli arresti domiciliari, per 5 l’obbligo di dimora nel comune di residenza. Custodia cautelare in carcere, invece per 8 persone, tra le quali G iuliano Rossini 47 anni , di Gussago e domiciliato a Brione, e per la moglie Marta Fornari, 42 anni , titolari della EcoTrav di Travagliato , ritenuti dalla procura e dagli investigatori, gli ideatori e i capi dell’organizzazione.

Il gip Matteo Grimaldi ha anche disposto il sequestro preventivo di beni profitto dei reati, immobili, veicoli , quote societarie e conti correnti per 42 imprese per un valore di 93 milioni di euro. A dare avvio all’indagine da parte dei Carabinieri di Gardone Valtrompia, nel 2019, era stata la segnalazione di una movimentazione particolarmente intensa del conto corrente postale di un’azienda di Lodrino. In totale 113 bonifici eseguiti su conti correnti di clienti cinesi su conti esteri per oltre 4,5 milioni di euro . Si è così reso necessario anche l’intervento specialistico della Guardia di Finanza della tenenza di Gardone Valtrompia. Gli accertamenti, in breve, hanno permesso di rilevare che l’azienda risultava intestata ad un operaio della Valtrompia (reddito personale 7 mila 400 euro annui), addetto alla lavorazione di macchine agricole.

I successivi controlli hanno portato alla scoperta della repentina cessazione dell’azienda, rimasta attiva da luglio 2018 a febbraio 2019, movimentando, però, in quel breve lasso di tempo, quasi 35 milioni di euro. Si sono ricostruiti, attraverso i bonifici in entrata e uscita, affari e giro di clienti e si è arrivati alla scoperta della rete di cartiere, gestita da marito e moglie, che avevano esteso i loro interessi dall’Italia fino in Cina e a Hong Kong. Un ulteriore appoggio era posto in Ungheria, Croazia, Romania, Polonia e Slovacchia, attraverso conti correnti e aziende. C’era chi teneva i rapporti con i clienti, chi con le banche. Chi cercava contatti con professionisti per operare all’estero.

«Chiamo dall’Italia, avrei bisogno di informazioni per aprire un’azienda a Sofia. Arrivo lunedì», diceva, intercettato, al telefono uno degli arrestati, con il compito di trovare nuovi agganci. L’architettura di illeciti serviva per coprire innanzitutto la compravendita di metalli ferrosi in nero. Prezzi ribassati e fatture, false, a costo di mercato. Oppure per giustificare l’acquisto di metalli, sempre in nero, ma in altre aziende. Tra cartiere, aziende create solo per il riciclaggio di denaro e aziende conniventi si produceva un profitto di cui beneficiavano 18 aziende . Dopo l’incasso dei pagamenti delle fatture fasulle, venivano disposti i bonifici sui conti esteri. Le aziende addette al riciclaggio ricevevano ed effettuavano bonifici per mascherare gli illeciti. Ultimo passaggio: il ritorno dei pagamenti, decurtati di una provvigione del 10% per l’organizzazione, ai beneficiari della truffa con consegna a domicilio dei contanti con «spalloni», chiamati in codice camion. Con il 70% di quanto recuperato si provvedeva al pagamento dei materiali acquistati in nero . «Una serie indeterminata di reati fiscali e in materia riciclaggio» rileva il gip Grimaldi nell’ordinanza di custodia cautelare, stroncata dall’operazione che ha portato a sviluppare le indagini anche in diverse regioni Italiane.

È stata filmata tra Sirmione, Peschiera e Pacengo di Lazise. Non ci sarebbero particolari danni

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