Pomi di pietra e manici di scopa, l'oro del curling è una favola - Famiglia Cristiana

2022-09-10 06:30:11 By : Ms. linda HAXIAO

Pomi di pietra e manici di scopa. Ma non c’è di mezzo, stavolta, la partita più esilarante della storia dell’animazione, bensì una delle medaglie d’oro più belle mai vinte ai Giochi invernali. Portata a casa dalla coppia (sul ghiaccio non nella vita) Amos Mosaner (26 anni) e Stefania Constantini (22) alla prima Olimpiade nel curling misto, battendo tutti ma proprio tutti gli avversari, molto più quotati di loro, con una freddezza e un aplomb straordinari: un filotto dritto dalla prima partita all’oro olimpico senza che il cuore, a vederlo da fuori, abbia dato un solo battito fuori misura.

Si sorrise a Torino 2006 quando il pubblico scoprì per la prima volta il curling, disciplina nordica sul ghiaccio, nata in Scozia si presume nel Medioevo, e autentica passione in tanti Paesi, soprattutto in Gran Bretagna dove senza montagne e con neve rara per gli sport invernali si fa come si può: a vederlo per la prima volta sembrava buffo questo gioco, in cui calzati di una scarpa che scivola sul ghiaccio e di una che fa attrito, si lancia una pietra munita di manico - grossomodo venti chili di un granito estratto da una cava unica al mondo sull’isola scozzese di Ailsa Craig - lungo la pista ghiacciata, spazzando il ghiaccio con una scopetta davanti alla stone (pietra in inglese), per scaldare la superficie gelata a forza di braccia e dirigere la traiettoria.

Lo scopo è simile a quello delle bocce: avvicinarsi più dell’avversario al centro della casa, una specie di bersaglio da tiro con l’arco a cerchi concentrici disegnato lungo una lingua di ghiaccio. Pare proprio che gli italiani davanti alla Tv siano rimasti ipnotizzati, chissà se dal centro del bersaglio; dallo sguardo concentrato di Stefania, sempre lucidissima all’ultimo tiro, o se dall’abilità che il gioco richiede: un concentrato di equilibrio, controllo del gesto nel tirare, fisicità nello spazzare, ma soprattutto intelligenza tattica, capacità tecnica, visione balistica. Ci sono dentro la capacità di prevedere le mosse dell’avversario degli scacchi; la sapienza balistica del tiro con l’arco (anche se si tratta di far scivolare sul ghiaccio non di scoccare frecce nell’aria), la precisione tecnica e l’intelligenza tattica del biliardo; la sensibilità gestuale delle bocce; l’autocontrollo del tiro a segno; l’intesa di squadra del catamarano.

Ora possiamo starne certi, se qualcuno d’ora in avanti sorriderà vedendo pomi di pietra e manici di scopa, non sarà perché non prende sul serio questo gioco ammaliante e difficilissimo, ma per il ricordo del sogno impossibile di questa medaglia d’oro, nata come un croco nel ghiaccio da una disciplina che in Italia conta appena 500 praticanti. Però con i due più bravi al mondo, decisi su tutto tranne che sull’esultanza, quasi composta, divisa tra lo sguardo un po’ incantato di Amos e il sorriso da “stregatta” di Stefania. Così belli, così normali, così campioni. Stupiti anche loro di aver conquistato il mondo, pionieri come Marco Polo al cospetto del Kublai Khan.

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